La montagna infranta

“La Montagna Infranta”, diretto da Mirco Melanco con la collaborazione dell’Associazione Culturale Gooliver e del Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica dell’Università degli Studi di Padova, è un documentario realizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont. Non si tratta di un semplice documentario di denuncia, ma di una poesia audiovisiva sul senso del vuoto che ancora oggi devasta la memoria di quanti hanno vissuto quel disastroso evento.
“La Montagna infranta” si avvale di tre tipi di fonti filmate: immagini storiche tratte da vari archivi e dai film di Luigi di Gianni “La tragedia del Vajont” e “Natale al Vajont”; immagini del paesaggio odierno e di Di Gianni che ritorna nei luoghi dove ha girato i film appena citati; e tre tipologie di animazioni, due delle quali hanno visto il mio contributo.
Tali sequenze animate mi hanno richiesto la realizzazione di due cicli grafici –iconograficamente, concettualmente e stilisticamente ben distinti – formati da circa ottanta disegni volti a narrare lo straziante passaggio dalla semplicità del quotidiano all’abissale vuoto della morte e della disperazione, che il 9 ottobre 1963 ha sconvolto la Valle del Vajont.
La prima animazione, si configura come un ideale viaggio che, prendendo le mosse dalla campagna soprastante Longarone, accompagna lo spettatore alla scoperta delle vie del paese e della vita rurale del monte Toc.
Un percorso virtuale che prende forma grazie a più di settanta disegni che hanno visto la luce dopo un approfondito studio della documentazione storica fotografica e audiovisiva relativa al tragico evento, e dopo la selezione di una serie di raffinate fonti iconografiche (Julien Duprè, Jean Francois Millet, Bastien Lapage, Winslow Homer, Odone Tomasi) a cui si è voluto attingere per impreziosire artisticamente tale poesia audiovisiva.
I disegni di cui si compone tale sequenza animata sono stati realizzati a china e colorati mediante matite acquerellabili, le cui tenui gradazioni concorrono a trasformare le scene in flebili e sbiadite memorie visive di un incontaminata vita rurale di cui non rimane più traccia; memorie visive che, dopo la narrazione del meccanismo idrogeologico che ha portato alla catastrofe, vengono sostituite dal concatenarsi di angosciosi tratti grafici che, in dieci tavole dalle cupe tonalità di grigio e di nero, tentano di dare voce al senso autentico del dramma, ritraendo la tragicità di un paesaggio umano irrimediabilmente deturpato, di un ambiente sconvolto nella sua fisicità, di un’umanità cancellata per sempre e dell’insostenibile afflizione dei sopravvissuti, imprigionati da un fatale destino nell’abisso del Vuoto, dell’Assenza e della Morte spirituale. I soggetti raffigurati sono stati tratteggiati nella loro cruda figuratività e fisicità, al fine di essere immediatamente recepiti da qualsiasi spettatore come icone tragiche di un doloroso passato sempre presente, a cui tutta l’umanità dovrebbe guardare come monito affinché il rispetto per la vita venga concepito come un valore trascendente ogni interesse economico e politico, affinché l’egoismo non debba mai più strappare all’uomo diritti, vita ed identità.

Il documentario, presentato fuori concorso alla 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica come atto onorifico per la sua presentazione ufficiale a Ponte Nelle Alpi (Bl) il giorno 9 ottobre 2013 nel cinquantesimo anniversario della catastrofe del Vajont. Inoltre ha vinto il premio “Il cittadino” al TIMELINE International Film Festival di Milano.